Rancore


Sono fuggite le bestie
che non sapevo di mantenere
da un cortile appartato
nascosto alla strada.
Si addentrano in percorsi
a loro istintivamente noti
(mappe del sangue)
e non un premio le distoglierà
né la promessa di un risarcimento futuro
e non un’idea di superiorità, il riparo di una fortezza
alla solitudine glorificata:
carne;
nemici veri, autentici le nutrono
le loro ossa ancora vive
si domandano senza interrogativi
perché -
cosa ci fate ancora sveglie
dinanzi a noi, affronti
congiure?!
Le bestie rincorrono i loro mali
lungo rami d’albero di famiglia.
Zio, zia
nonno, nonna
madre, fratello, padre
cugino, cugina
la stessa memoria torva
di discendenza in malattia.
Le mie bestie scappano ricordando
di punire sempre la paura, dannato flagello
clessidra infranta sopra sabbie sparse
tempo ostacolato;
e se c’è una stagione per ogni fase
nella vita dell’uomo, io vedo
guardando all’albero mio
il rancore nel luogo adulto:
là dove il suo spirito diviene
da angelo, un fantasma.

Rancore

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